lunedì 21 novembre 2011

Cicloamatori strana gente.

Mah…anno dopo anno capisco sempre meno il mondo cicloamatoriale. Sarà che una serie di eventi mi ha fatto conoscere più da vicino questo spaccato sportivo, ma credo che la situazione stia un po’ degenerando.
Mi sono avvicinato a questo sport 18 anni fa e da allora la mia percezione ciclistica è discretamente cambiata. I miei “cavalli da battaglia” fino ad ora erano concentrati sullo scarso gradimento teorico/pratico degli amici e l’odio “a prescindere” da parte degli automobilisti. Poi mi sono convinto che le passioni (seppur diffuse) possano non essere gradite dalle persone attorno e che c’è un limite tra preteso rispetto ed arroganza ciclistica. Anche se poi l’arroganza automobilistica (e a volte pure quella pedonale) supera di gran lunga qualche vezzo del pedale. In ogni caso è meglio che in bicicletta continuino ad andarci i ciclisti, l’utente medio della strada probabilmente sparerebbe a parti invertite.
Ma non è questo il punto.
Con tutta probabilità il “virus della bici da corsa” mi è stato trasmesso geneticamente da mio padre, sperimentatore di una brevissima carriera sportiva giovanile ed attuale appassionato. Acquistandomi dapprima una piccola Bianchi usata all’età di 9 anni e poi cercando di sviarmi inutilmente dall’emergente moda delle mountain bike verso la fine degli anni ’80. Anche se poi la “scintilla” mi è nata da sola all’età di 17 anni.
Una quindicina d’anni di pedalate senza tesseramenti né velleità agonistiche si è tramutata ultimamente in quello che io definisco “giocare a fare i professionisti”.
Ed è qui il punto.
Non sono d’accordo sul concetto paterno (ebbene si…ancora lui) secondo cui le “gare” sono un’altra cosa, l’ipotetica trafila da “Giovanissimi” ad “Elite” (i cosiddetti professionisti), ma incomincio a compatire certi individui.
Mi pare che lo sport amatoriale stia perdendo sempre più il suo spirito, trasformandosi in un mondo parallelo per atleti frustati. Insomma…vanno bene Granfondo e gare in circuito senza dimenticarsi che i Giri d’Italia e le Milano-Sanremo sono riservate ad altre categorie. Le nostre manifestazioni sono già “inquinate” da ex professionisti ed atleti più o meno redenti da problemi di doping, cerchiamo di preservare almeno la dignità. Lodevole è la dedizione e necessaria la competizione con gli altri appassionati, ma per favore cerchiamo di non cadere nel ridicolo. Mi fanno sorridere i forum in cui cambiare il colore della maglia viene definito “ciclo mercato”, l’estremizzare sempre di più la dotazione e l’ allenamento, considerare “mito locale” gente che alla domenica porta a casa una coppa ed un pacco di pasta. Il tutto in una specie di guerra tra società, alimentata da negozi di biciclette che magari non regalano neanche un gadget al “semplice” cicloamatore tesserato, ma viziano una manciata di atleti “di punta” in un clima di consensi diffusi.
Negli ultimi anni (per amicizie/abitudine) ho pagato una maglia sponsorizzata trascorrendo il mio tempo al di fuori dell’ambiente ad esso legata, facendo acquisti ciclistici dove meglio preferivo.
Ora grazie ad un progetto “privato” spero di ritornare al giusto spirito cicloamatoriale, in cui la vita di gruppo si alterni alla libertà individuale, non ci siano preferenze di trattamento e si “giochi” a fare i professionisti in maniera lucida. Cercando di raggiungere un buon allenamento e trascorrendo la vita di team (compresa una birra) in un clima più “intimo”. Se poi verrà qualche risultato ancora meglio!
O per lo meno ci abbiamo provato!

sabato 4 giugno 2011

Io sono ancora qua. Eh, già...

“Io sono ancora qua. Eh, già...”
Si...devo dire che il testo di "Eh… Già" di Vasco Rossi si adatta bene al titolo di questo post!
Perchè? Perchè sono di nuovo a scrivere su questo blog dopo oltre 5 mesi , più di un anno se consideriamo l'ultimo post "normale". In effetti gli ultimi due interventi erano provocatoriamente stringati ed ostici al prossimo (ma fortemente significativi per il sottoscritto).
Il motivo di tanta assenza è l'ormai consolidata crisi di ispirazione, condita con la paura di repliche narrative e la disillusione sull' interazione critico/creativa del lettore.
Però...
Questo post mi è stato praticamente chiesto da un amico, in risposta ad un articolo sul proprio blog. Non potevo ignorare la richiesta, per giunta scaturente da un weekend di supporto logistico nei miei confronti attraverso camper/ammiraglia.
Ed ecco che ritorna la frase “Io sono ancora qua. Eh, già...” Questa volta inerente alla foto, il terzo traguardo consecutivo tagliato nel Giro delle Valli Monregalesi. Nel percorso corto intendo, quello insignificante per alcuni fortunati ciclisti.
Cosa mi spinga da qualche anno ad incentrare praticamente la mia stagione su questa manifestazione è presto detto. Tutto ruota intorno all'allenamento, se vogliamo ritenere 1000 km percorsi da gennaio "allenamento". Con l'aggiunta di una situazione meteo che in maggio normalmente sfiora la decenza riuscendo a fortificare gambe e spirito. Insomma, il minimo per portare la bici al traguardo.
Certo, poi c'è la classifica...
Forse se non fossi ciclista e mi parlassero del 638° posto su 920 concorrenti, a 52 minuti dal vincitore, 112° di categoria su 140…mi farei due risate. Che poi sono quelle che si è fatto un ex collega sedicente ciclista durante una telefonata all'indomani della prestazione.
Il carattere mi porta a domandarmi se anche il mio amico accompagnatore (+ socio) abbiano ritenuto ridicola questa prestazione. O perlomeno considerato a quel punto eccessivi tutti i preparativi dell’ultimo periodo: il consumo di bevande analcoliche nei giorni precedenti, la ricerca di una pizza poco salata alla vigilia, la sveglia 2 ore e mezzo prima per l’abbondante colazione, le barrette e gli zuccheri specifici durante la prestazione, le lamentele per un rifornimento idrico fatto in eccessiva pendenza (senza spinta) e tutti quei comportamenti incomprensibili per mancanza di (passatemi il termine) “cultura”.
In ogni caso "Io sono ancora qua. Eh, già...", a considerare positivo il tempo di 3:31:16 (real time) , a godermi una media di quasi 29 km/h su di un percorso con 1555 metri di dislivello, a pensare a quanto avrei limato senza le soste obbligate ai rifornimenti idrici (niente bottigliette per motivi ecologici) e con qualche scia in più persa per prudenza in discesa.
Mi illuderò pensando che “il motore c’è” e ragionerò da ciclista fallito che sprofonda nelle classifiche di manifestazioni insignificanti per qualcuno, ma sono sicuro che con questa preparazione e le “varie ed eventuali” che affollano la mia testa (ma anche senza) certe persone a 35 anni se li sognano 102 km a queste medie.

"Con l'aria, col sole, con la rabbia nel cuore, con l'odio, l'amore…In quattro parole…Io sono ancora qua."